di Lisa Cerutti
In questa sezione ,vogliamo riportare le ricette di piatti tipici "contadini" dei nostri nonni più che mai attuali , nei menù riscoperti degli agriturismi e nelle trattorie. I sapori di un tempo cosi genuini e semplici ,ve li riproponiamo con una serie di ricette documentate anche dagli elementi principali che le compongono.
Paniscia Piemontese
LA PANISCIA PIEMONTESE
tratto da “I Malnutrì”di Enza Cavalero - 2006
Partiamo
dal riso, questo oro bianco che non apprezziamo a sufficienza e che può
egregiamente nutrire, senza crear problemi di peso. Basta guardare i popoli
orientali, snelli, scattanti e sani.
Un
terzo della produzione mondiale del riso, che si aggira sui cinque miliardi di
quintali, va attribuita alla Cina, mentre l’Italia, pur essendo la prima
produttrice europea, produce appena circa 13 milioni di quintali di risone
greggio, pari allo 0,25% della produzione mondiale. Ogni indocinese consuma in
media 150 kg di riso l’anno, un giapponese 80kg, contro i soli 5kg di un
europeo. Questa media non tiene conto delle abitudini alimentari interne di
ciascun Paese: tutti gli spagnoli ne consumano molto, mentre il consumo italiano
è pressoché concentrato nel Nord del Paese. L’Europa era stressata da
guerre, pestilenze e carestie, quando, nel 1475, Gian Galeazzo Sforza, duca di
Milano, fece dono ai duchi di Ferrara, di un sacco di riso da semina. Quel
cereale di origine orientale aveva la capacità di produrre un quantitativo di
prodotto pari a 12 volte il seme impiegato, ma la diffidenza degli italiana era
troppa perché il nuovo cereale venisse accolto favorevolmente. In compenso gli
immigrati europei in Carolina del Sud cominciarono a seminarne nella nuova
patria fin dal 1690. Un secolo più tardi il Piemonte, che comprendeva la
Lomellina, produceva dell’ottimo riso che veniva rigorosamente cautelato
affinché i semi non venissero portati all’estero, pena la morte.
Un
secolo più tardi il riso vi appare già in alcune ricette, ma non si può
escludere che rappresentasse ancora una curiosità gastronomica e che provenisse
dall’oriente.
Quanta
fatica, in seguito, dovette affrontare per entrare a far parte del cibo
quotidiano, quando ancora al di là dell’oceano invidiava le belle risaie
piemontesi. A trasferirne in America qualche manciata, clandestinamente e a
rischio di una pena capitale, fu Thomas Jefferson, allora ambasciatore e
ministro americano e in seguito 3° presidente degli Stati Uniti.
Quest’uomo,
lungimirante agronomo, che si considerava innovatore, si riempì le tasche di
riso, per trasferire nel suo Paese le pregiate varietà piemontesi, anche se poi
un più accurato calcolo lo dissuase dall’utilizzarle. Il regime schiavista
gli rendevano ottimamente le varietà presenti in Patria anche se gli
richiedevano maggior manodopera, ma gli schiavi, in America, costavano sempre
meno dei braccianti europei.
Da
circa 7000 anni il riso è coltivato nel mondo, ma gli egizi e i popoli biblici
non ne fecero cenno, mentre greci e romani, pur conoscendolo non lo utilizzavano
per l’alimentazione considerandolo una spezia.
Curiosiamo
un poco nelle riserie e cerchiamo di distrarci tra le tante varietà di riso che
se meglio conosciute dal consumatore, farebbero apprezzare maggiormente questo
splendido prodotto. In Piemonte e in Lomellina le acque immesse nelle risaie
sono sempre pulite e prelevate a monte di qualsiasi discarica o immissione di
spurghi industriali: forse più fredde perché vicine ai ghiacciai, quindi non
adatte a tutte le varietà, ma sicuramente ben diverse di quelle stagnanti delle
risaie orientali. Il riso prodotto nel nostro Paese appartiene alla varietà
Japonica, con granello tondeggiante; mentre la varietà indica, soprattutto
coltivata in oriente, ha il granello allungato.
Attualmente
in Italia suddividiamo il nostro riso in:
Comune:
tondo per minestre, minestrone e dolci
Semifino:
per antipasti, riso in bianco, supplì, timballi e sartù
Fino:
per risotti e contorni
Superfino:
per risotti particolarmente ghiotti.
Ovviamente
la cottura è condizionata dalla varietà, per cui si va dai 12 minuti fino ai
18 dei superfini. A stabilire meglio i tempi ottimali sarà sempre il gusto
individuale, comunque tenete conto che i liquidi grassi, quindi ogni tipo di
brodo di carne, vengono assorbiti più lentamente dell’acqua.
Ovviamente
qui si escludono tutti i risi preparati o i parboiled, perché la cucina povera
è sempre la più genuina ed economica.
LA
RICETTA DELLA PANISCIA NOVARESE:
Riso
superfino 75 g per persona
Il
cuore di una verza - 300g di fagioli borlotti freschi
Sedano,
porro, sale, pepe e buon brodo di carne.
Mettete
in un recipiente di rame ben stagnato tutte le verdure tritate, la cotenna
tagliata a striscioline e i fagioli; coprite di acqua e fate bollire semi
coperto per un ora e mezza. A parte rosolate un battuto di lardo, cipolle e
salame, facendolo solo appassire nel burro, senza che prenda troppo colore.
Unite il riso, tostatelo, irroratelo con un buon bicchiere di vino rosso, ottimo
un Sizzano, che dovrà evaporare bene prima che si aggiunga il brodo di carne,
poi le verdure a poco a poco. Le cotenne, tenute in caldo, si aggiungeranno a
fine cottura. Buon appetito e ricordate che solo un vino Sizzano o un Ghemme
potranno degnamente accompagnare questo piatto.
Una
tazza di fagioli borlotti ammollati e bolliti a lungo, con un salame della
grasso (della duja) ed un pezzetto di lardo. Preparate il soffritto con una
cipolla, lardo e olio su fuoco molto lento, versate il riso (per 6 persone
dovrebbero essere più che sufficienti 500g). Tostatelo, bagnatelo con un buon
bicchiere di buon Gattinara, facendolo evaporare, quindi tirate a cottura con il
brodo, versato gradatamente, facendo anche scendere i fagioli e
il salame sbriciolato. Spegnete il fuoco quando il risotto è ancora
abbastanza liquido, perché verrà velocemente assorbito mentre lo servi ai
vostri commensali.